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lo specchio degli occhi

Era una giornata limpida. Ero a piedi, probabilmente scalzo, come al solito in quei tempi, verso S.Quirico.
Forse a comprare la “mia� copia del Manifesto, forse dall’ amico Chiappi a scambiar due chiacchiere e a comprare un po’ di ciccia buona, forse a dar noia a qualche sposa, cercando di coinvolgerla in cambiamenti di stile di vita, non di fidanzato, come molti asserivano (lo asserivano così intensamente da riuscire, in qualche momento, a convincere anche me).
Tu eri a scuola, o meglio, stavi giocando nel giardino della scuola. Mi sei corsa incontro con tutto l’entusiasmo che hanno i bambini quando vedono qualche amico in un luogo insolito.
E’ stato uno scambio di sguardi intensi, felici, vitali. E’ stato il riconoscersi.
Non è passato molto tempo da quel giorno ed andavamo in giro per mano e ridevamo felici quando ci dicevano “che bella bambina! Con quegli occhi è proprio tutta il suo papà�. Non ho mai capito il meccanismo: sto con tua madre, mi sono riconosciuto in te, ho una tenerezza infinita per quella capocciona di tua sorella, del resto avete cominciato a chiamarmi babbo ben prima di cominciare a convivere. Qualche hanno dopo ho sposato perfino la più piccina, mia figlia a tutti gli effetti. Anzi, come lei ha asserito con convinzione, è stato un matrimonio collettivo. e questo, devo dire a distanza di tempo, è quel qualcosa che, nel bene e nel male delle vicissitudini della vita, dà alla nostra strana banda un sapore particolare. Non è stato solo un caso: abbiamo avuto la fortuna della scelta.
Con amore. Papà.


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