Memoria spedita da/Memory sent by:
francesco.michi
il 2.5.2005



memory padre/father
la fattoria di nonna papera
memories figli/sons
Carnera
Andy
prova



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riferimento temporale/time reference : 1973o 1974 o giù di lì


Gatti e Susanna

Un giorno uscimmo dalla casa e ne contammo… quanti?… 29?… gatti.
Tutti distesi al sole, o addormentati sopra i gradini illuminati dal sole delle scale che portavano alla porta di casa.
Non ne avevo mai visti così tanti tutti insieme. Un mare di gatti, pensai, lo ricordo. Uno spettacolo.
Casa di Susanna. Mi sembra quella parte della casa di Susanna che fu poi affittata a Donata, che veniva nel Valdarno da Padova.
La casa di Susanna era famosa per i gatti. Venivano lì da tutta la campagna intorno e Susanna e i suoi li nutrivano e li curavano, al bisogno.
La vecchia gatta di casa, la bisbetica Pepa, ero riuscito ad incantarla col violino. (non per come suonavo, s’intende, bastavano le vibrazioni delle corde stimolate dall’arco per mandarla in solluchero).
Il primo gatto me lo dette Susanna. Un gatto nero che chiamammo Mì. Da allora ne abbiamo sempre avuto uno, e anche più d’uno.
Gatti ne avevo visti fin da piccolo, ne avevo anche paura, quando ero bambino, ricordo come pizzicavano i loro graffi.
Con Mì cominciai a dedicare tempo ad osservarlo, era inevitabile: la finestra della stanza dove stavo a studiare dava sul nostro giardinetto e poi sulla strada e questi erano i regni del mio gatto. Passava in pertugi ed in posti delicati, pieni di oggetti e soprammobili fragili con noncuranza, esibendo un’ attenzione congenita o genetica assolutamente semplice e naturale. Passava ore insieme con gli altri gatti : stavano pressoché immobili accovacciati l’uno accanto all’altro, in quel silenzio animale che mi sembrava tanto più profondo e viscerale di tutte le nostre tecnologie e tecniche della comunicazione. E al tempo stesso, mi dava l’impressione che sapesse gustarsi la realtà, il mondo, la vita.
Mì mi aprì uno squarcio per capire i gatti, penetrai e gustai la bellezza della loro indipendenza. E i gatti mi aprirono uno squarcio per capire di più Susanna, mi parve di aver trovato il modo giusto di interpretarla, e di entrare in relazione con lei, sì, certo, ma anche con tutti gli altri: per certi versi ancora oggi mi attengo a ciò che allora intuii in fatto di relazioni umane.
Eravamo nella metà degli anni ‘70. Poco dopo successe qualcosa e Susanna entrò in coma. Ormai sono quasi 30 anni, e io non la vedo da circa 10, ormai i suoi capelli biondi saranno grigi come i miei.

Ora che sto trascrivendo questa memoria, che mi ero appuntato su un quaderno in una sala d’attesa, mi chiedo dove voglio arrivare partendo dai gatti e finendo con il coma di Susanna.



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