Memoria spedita da/Memory sent by:
francesco.michi
il 13.12.2005



memory padre/father
un libro

Vedi anche / See also
Ridere guardando la TV mi mette addosso una grande tristezza.
si fa per chiacchierare
a chi scrive
certo che mi serve!
la cura



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riferimento temporale/time reference : 1975?


milano e due ragazze

Mi aggancio a quel vecchio intervento (mio) nel quale narravo del romanzo che scrivevo intorno ai vent'anni, una parte del quale mi è tornata in mente mentre leggevo gli ultimi interventi.
Sono stato molto indeciso circa la paternità di questo intervento, se attribuirla alla vecchia memoria o a quelle nuove... poi ho scelto la vecchia, e di sistemare i richiami verso i nuovi interventi come “vedi anche”.
Niente di ché, una storia banale, ancora la storia di un ricordo.
Sì, una storia di ragazzi e ragazze, di sesso... uomini e donne o, per un limite di genere mio, ovviamente, forse più di maschi e maschi che insieme vivono i loro rapporti con le donne, e se li raccontano.
E siamo comunque soli, nel nostro ricordare, chissà se chi era con noi avrà conservato quel ricordo, e se sì chissà come... e anche noi che cambiamo siamo altre persone ed esiste forse la possibilità di un dialogo interno fra i se stessi di prima e i se stessi di poi. Ritrovare cose scritte da noi nel passato ci pone sempre di fronte ad un estraneo conosciuto.
Comunque, seppur romanzata, la storiella è vera, i personaggi sono miscele di amici e me stesso. La storia è fondamentalmente sciocca e un po’ trasformata.
Ma mi è tornato in mente che l'avevo scritta.. e questo è un buon motivo per riscriverla qui.

…………………………………………………………………………….
- Partire alle due di notte da Firenze per essere a Milano alle undici di mattina mi sembra un po' esagerato. Anzi, è da matti! - - E noi siamo matti!- rispose Ivàn, e poi non parlarono più per due ore buone. Non si annoiarono, comunque, questo no, un po' perché tenevano la radio accesa, poi ancora perché viaggiare in macchina in silenzio aiuta a pensare. Lui pensava sempre molto in auto, meglio se guidava, ma anche seduto nell'altro seggiolino, se il guidatore era un tipo taciturno o comunque non aveva voglia di far conversazione» E poi la notte lo aiutava. Non aveva ancora deciso in modo definitivo se questa costante, diciamo, "attività cerebrale" costituiva un pregio o un difetto, sapeva però con certezza che in certi momenti avrebbe volentieri distrutto il suo cervello. Amore o voglia di vivere.
Ivàn doveva prendere l'aereo l'indomani mattina per andare in Inghilterra e doveva rimanerci, secondo i suoi calcoli, circa un anno, poi però tornò dopo solo due mesi. Lui stava semplicemente accompagnarlo all'aeroporto.
-Ivàn parte per un anno,- pensò - quante cose abbiamo fatto insieme...- ma non gliene venne in mente nessuna, lì per lì. Ebbe anche il dubbio che forse tutte queste cose fatte insieme erano poche, o forse la sua era un'osservazione banale, o meglio retorica in casi come quello. No, niente. Vide Ivàn che "consultava" il suo orologio col quadrante elettronico che aveva comprato il giorno prima: anche lui cominciava a cedere... non si ricordava di averlo mai visto con un orologio. Questi sono i cambiamenti radicali !
Ma proprio non gli tornava il fatto di non riuscire a ricordare qualche fatto in comune con Ivàn; tanto più che ormai si era compromesso con quell'osservazione "banale". Può bastare questo a sciupare tutto. E ci pensava, vedendo di scavare magari nei fatti dei giorni precedenti, quando non era distratto dalla radio che cambiava stazione ogni minuto. L'unica cosa che riuscì a venirgli in mente fu proprio una di quelle che non avrebbe voluto ricordare, ora. Si trattava di un'avventura con due ragazze, amiche, chissà in che modo, di Ivàn. Le avevano trovate una mattina a giro per le strade del centro e, così per dire qualcosa, Ivàn le aveva invitate allo studio la sera per fare un'orgia. Lui e Ivàn non pensarono più a questa faccenda per tutto il giorno, anzi, la sera erano usciti per andare ad un cinema, senza più far caso a quell'invito. A mezzanotte, loro erano appena rientrati, sentirono suonare il campanello. Erano le due ragazze.
Ivàn condusse praticamente tutta la serata, parlava continuamente, fece giocare tutti un po' a carte, e poi portò tutti nella camera accanto, quella dei letti. Si prese subito una delle due, lasciò la migliore all'amico, per gentilezza, e cominciò subito a fare l'amore.
Lui era rimasto un po' sconvolto dalla faccenda, in primo luogo perché proprio non se l'aspettava che quelle due matte prendessero sul serio l'invito. Comunque cercò di darsi contegno, un contegno qualsiasi, distendendosi sul letto con il capo appoggiato sulle gambe della donna.
Lei parlava, parlava in continuazione, accarezzandogli i capelli vicino alle orecchie e le basette, finché non gli mise una mano in grembo. Tacque qualche secondo, come per dare più peso a quello che stava per dire e poi, sempre tenendogli la mano stretta sul pene, gli domandò: - Senti, ti piace vivere?-
Lui stette zitto. Gli parve di stare zitto per almeno un quarto d'ora. Poi rispose una cosa qualsiasi
E passarono nell'altra stanza a parlare fino a tardi, mentre gli altri due facevano l'amore e ridevano.
Più tardi, quando le ragazze se ne andarono, risero come matti per un bel pezzo.
Sorrise.
Non gli aveva fatto dispiacere, poi, ricordarlo. Ci avrebbe giurato, comunque, che sarebbe saltata fuori una storia con delle donne in mezzo dopo tutto quel pensare. Dopo tutto si vive d'arte e d'amore... un po' superficiale?
………………………………………………………………………………………….


Io l'episodio lo ricordo, o meglio i due episodi (il viaggio e le ragazze).. faccio un po' di confusione a ricordare con chi ero. Le case, fra Milano e Firenze, sono vere, una giusto sopra un cinema che poi sarebbe diventato a luci rosse e ora proietta un circuito d'essai. Ma le risate con l’amico alla fine del racconto non ricordo ci siano state.. propendo piuttosto per dare valore di verità ad un me stesso impensierito e turbato dal mio inconcludente imbarazzo nelle cose che riguardano il sesso e a quante me ne sarò dette, e a come avrò giustificato a me stesso quel mio tirami indietro. No, risate goliardiche no di sicuro, più facilmente il dolore poco eroico di una umiliazione autoinflitta.
E vengo al rispondere al quesito sul perché scrivo. Forse l'urgenza più forte è quella di confrontarmi con quella parte di me più sgradevole a me stesso (ricordo anche quanto fu scritto da mechi.cena qui nel suo primo intervento), quella che ha si è trovata davanti le perdite, le disillusioni e la timidezza, che si è riparata costruendo intorno a sé il personaggio che sono: ora, con l'età aumentata, ne provo vergogna e i tasselli del mio passato relazionale, pubblico, hanno necessità di un confronto.
E così riprendo anche il discorso iniziato con l’intervento “la cura”: i conti che hop da fare non sono tanto con il mio io psichico (per quello c’è l’analisi, o la psicoterapia) ma con la storia, la mia personale e la “nostra”, le relazioni fra un “noi tutti” e il mio io pubblico: è nell’urgenza di sanare questi misfit che trovo un perché nello scrivere e nel leggere in questo luogo e nel tentare connessioni.
Ancora due paroline sul ricordo: quando ho scritto queste pagine avrò avuto giù dai vent’anni, che so, ventidue, ventitré, non di più.. e già col mio amico, nella finzione letteraria, certo, ma anche nella vita ne son sicuro e - nella misura in cui (anche questa frase quanti ricordi!!) la nostra immagine narrata, osservata come in un film assume atteggiamenti ed emozioni che per l’appunto pertengono forse in prima istanza proprio alla narrativa o alla cinematografia (in un certo senso il cinema ci ha permesso di leggere e interpretare le nostre proprie emozioni nella vita, anche in frangenti “intimi”)…. Dov’ero rimasto? Ah sì, avrò avuto ventidue anni, e da quanto tempo potevo avere delle storie così, di donne e macchine e case, con i miei amici… due anni, al massimo – ma non ci credo – tre. E racconto nel testo di una emozione del tipo “quante-ne-abbiamo-fatte-insieme-nel-tempo-che-fu!” Ecco un’altra dimensione del ricordare e del collocare la memoria. Quel mio tono d’allora mi fa sorridere di tenerezza.


Spero che qualcuno abbia capito fra tutti questi ingarbugli: ho voluto scrivere di getto e poi mi va di lasciarlo così. Che questo possa essere il sintomo di un ingarbuglio più profondo.



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