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Libero
il 6.1.2008




Chiunque può scrivere le sue memorie su Connected Memories _ Connected Memories è un tentativo di interpretare esteticamente le nostre memorie e la memoria in generale.
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riferimento temporale/time reference : 1997


vortice

Si passò di nuovo la lingua sul dente. Non era proprio un gesto meccanico, anche se lo ripeteva di frequente. Ogni volta voleva controllare se gli faceva male, se c'era qualcosa di strano. Niente. Sentiva solo la superficie leggermente ruvida, innaturale, tipica di un'otturazione appena fatta. E quel bordo irregolare alla base, dove il dente incontrava la gengiva. Lì era proprio chiaro che il lavoro era un po' trascurato. Ma trascurato quanto?
L'otturazione era dalla parte interna del dente, un canino, quindi si poteva anche capire che il dentista non si fosse preoccupato troppo delle rifiniture... ma il lavoro vero, la sostanza, quello che c'era dentro?

Il fatto è che prima, mentre si trovava là, semisdraiato, la bocca spalancata, il drenaggio che aspirava con rumor di moka, rotolini di cotone sotto il labbro, e il dentista che gli incombeva sopra stipandogli a viva forza il canale della radice di materiali ignoti, mentre era lì – dicevo - aveva sentito un cric provenire da dentro il dente. Uno scricchiolio sinistro, anzi quasi un ciac, ora che ci pensava bene. Un rumore un po' come quando si addenta una verdura resistente, che so, un sedano.
Cercava di ricordarsi se il rumore, che gli pareva familiare, fosse come quello che aveva sentito quando gli estrassero un molare, quindici anni prima. Ma non era sicuro. Forse avrebbe dovuto dirglielo subito al dentista, che aveva sentito il cric. Lui avrebbe capito certamente cos'era. Ma sul momento proprio non era possibile, con tutto quel lavorìo in bocca. Dopo se ne era dimenticato perché era stato più preoccupato di farsi sistemare bene l'occlusione fra le due arcate, l'incastro, insomma. E poi era anche un po' rincoglionito dal trapano, dalla posizione, dalla lampada.

Ma ora che era a casa, tutta l'innominabile spaventosità dell'incertezza gli era piombata addosso. Cosa sarebbe accaduto? Cosa poteva succedere?
Cosa poteva fare lui?
Intanto, la peggiore delle possibilità: si era rotta la radice. Spaccata, forse solo fessurata. Una radice antica, morta da tanto tempo, su cui erano stati fatti lavori a più riprese. Se la immaginava come una specie di cofanetto di avorio tutto crettato; un pezzo prezioso, da trattare con riguardo. E lo squarcio, quanto poteva essere grosso? Un millimetro? No, troppo. Forse solo un decimo di millimetro. Sempre uno spacco, comunque. Come avrebbe reagito l'organismo? Avrebbe fatto finta di niente, avvolgendo e penetrando anche quell'ultima irregolarità biologica, oppure si sarebbe irrigidito in un rifiuto della diversità? Avrebbe forse tentato un'espulsione violenta, o forse si sarebbe ammalato quietamente, senza sintomi apparenti, fino a quando l'osso marcio avrebbe fatto esplodere una febbre altissima.
E il dente non si sarebbe salvato, sicuramente. E un canino si vede. E anche se lo incapsuli si vede. Ma tanto qui se ne sarebbe andata anche la radice, quindi niente capsula. Un buco, allora. Un dente finto. Oh, se si vede! E poi gli ritornava in mente quella volta che il dentista, parlando con un praticante che gli dava una mano, aveva fatto degli oscuri apprezzamenti sui canini: "... quando se ne va il canino... poi anche tutti gli altri... sai, è una specie di chiave di volta..."
Vivida come una foto dell'Espresso, gli apparve l'immagine di un arco antico, con i conci sbilenchi, attestati in un ultimo disperato sforzo di equilibrio e al centro una chiave di volta tutta rosicchiata che stava ineluttabilmente prolassando su se stessa.
Quanto ci avrebbe messo fino alla dentiera?
Per di più il dentista se ne era andato in ferie. Era proprio in quei giorni che si sarebbe deciso il suo destino. Già si vedeva preda di dolori lancinanti, costretto a ricorrere a un dentista qualsiasi che senza pensarci due volte gli avrebbe estratto... non osava andare avanti.

Come si può capire, tutto il suo futuro era ormai ipotecato. Il resto della sua vita, già abbastanza insoddisfacente, sarebbe trascorso fra operazioni, protesi, malesseri ricorrenti, febbri intermittenti, forse reumatismi e anche, è dimostrato, mal di schiena e mal di cuore. Si era probabilmente innescato un processo irreversibile di degrado.
Fermò con un atto di imperio i suoi pensieri.
Perdio, c'era ancora un forse, no? Forse quello scricchiolìo era solo un assestamento della resina, forse si era solo leggermente spostato il dente, senza spaccarsi. Forse era qualcos'altro che ignorava (non era mica un dottore, in fin dei conti). Tutto quello che avrebbe desiderato in quel momento era di dare un'occhiata lì dentro, e controllare la situazione.
Ma per ora poteva solo aspettare con ansia i primi sintomi, veri o inventati che fossero. Li avrebbe accolti quasi con sollievo.
Voleva uscire dall'incertezza: se si era rovinato la vita, meglio saperlo subito.



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